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Itinerario 6: sui passi di Rommel dal Kolovrat al Matajur (a piedi e in mountain bike) | ||||
Presentazione Si tratta di un percorso a mezza costa, molto significativo e pregevole dal punto di vista panoramico e storico, totalmente immerso nel bosco tranne che per le cime delle montagne. Il giro inizia nei prati di Volče, nei pressi di Tolmin/Tolmino e si conclude sul Matajur, montagna di confine sopra Kobarid/Caporetto. Descrizione del percorso I prati di Volče (chiesa di San Daniele) - Volče - Kamnica - Kovačič planina - passo Solarie/Solarje - Na Gradu (museo sloveno all‘aperto) - monte Piatto/Trinški vrh - Livške Ravne - Livek - frazione di Perati (chiesetta di San Pietro e Paolo) - Avsa - Idrska planina (Mrzli vrh) - Matajur. Lunghezza Il percorso totale è di 18 km circa. Ecco il chilometraggio dei singoli tratti: Volče - Na Gradu km 5 circa; Na Gradu - Livške Ravne km 4 circa; Livške Ravne - Livek 3 km circa; Livek - monte Matajur 6 km circa. Altitudine Volče 198 m; passo Solarie 996 m; Na Gradu 1115 m; monte Piatto /Trinški vrh 1139 m; Livške Ravne 1037 m; Livek 690 m; Idrska planina 1250 m; Matajur 1642 m. Grado di difficoltà: facile |
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Il percorso ha inizio dalla chiesa di San Daniele di
Volče, in Slovenia nei pressi di Tolmino. |
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Vi si accede dalla strada statale che collega Nova
Gorica a Kobarid (Caporetto) e Bovec (Plezzo).
Giungendo da Nova Gorica, entrati |
IN AUTO | |||
nell’abitato di Volče si svolta a destra; giungendo invece da Kobarid (Caporetto) si svolta a sinistra. |
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STORIA | La chiesa di San Daniele é citata per la prima
volta indirettamente nell‘XI secolo. L‘origine
dell‘attuale edificio sacro risale al XVI secolo |
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così come gli affreschi di Jernej/Andrea da Loka. Presso la chiesa di San Daniele c‘è un cimitero che risale a tempi molto antichi: qui portavano a seppellire i loro defunti addirittura da Bohinj e dalla Slavia Friulana. |
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Sia gli affreschi che diversi elementi architettonici
della chiesa di S. Daniele (oltre che il campanile)
sono stati danneggiati e distrutti nella prima guerra
mondiale dai cannoneggiamenti dell‘esercito
austro-ungarico. Accanto alla chiesa passava
infatti la prima linea difensiva italiana sulla testa
di ponte di Tolmino, sulla riva destra dell‘Isonzo. |
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Da Volče, imboccando la strada per Most na
Soči, giunti dopo circa 2 km in località Poljance,
svoltando a sinistra si accede al museo |
I GUERRA | |||
all’aperto di Mengore, altura blindata dell’esercito austroungarico in prima linea sulla testa di ponte di Tolmino. Inutilmente assediata in tutte le battaglie dell’Isonzo, non fu mai conquistata dagli italiani. Il museo all’aperto, facilmente accessibile, permette di visitare i ruderi delle trincee austro-ungariche di prima linea, come postazioni di artiglieria e posti di osservazione. L’area di Volče fu uno dei punti focali da cui partì l’offensiva della 12a battaglia dell’Isonzo, meglio nota agli italiani come “battaglia di Caporetto”. Da qui, in particolare, si mosse Erwin Johannes Rommel, giovane (stava per compiere 26 anni) tenente del battaglione da montagna del Württemberg, al comando di tre compagnie da montagna e di una compagnia di mitragliatrici. Partite dalla città slovena di Kranj il 18 ottobre 1917, le truppe tedesche del Württemberg raggiunsero il fronte a piedi muovendosi di notte attraverso la galleria della ferrovia Transalpina a Podbrdo e poi lungo la valle del Bača (Baška grapa) per non essere scorte dalle vedette e dalle spie italiane. Già nella notte tra il 22 ed il 23 ottobre 1917, Rommel era pronto ai piedi del versante settentrionale della Bučenica (un colle alto 509 metri a 1,5 km a sud di Tolmino, ben visibile dalla chiesa di S. Daniele). Nella notte successiva, un massiccio cannoneggiamento (anche con tiri ai gas asfissianti) a partire dalle ore 2 della notte, consentì di distruggere la prima linea del fronte ed annientare le unità italiane. Il 24 ottobre 1917, verso le 8 del mattino, dalle postazioni ai piedi della Bučenica partì la grande offensiva austrotedesca. Sui prati di Volče le truppe di Rommel superarono senza grandi difficoltà la prima linea difensiva italiana, situata proprio nelle vicinanze della chiesa di San Daniele. L’itinerario prosegue ora a piedi fino all‘abitato di Volče e oltre, verso nord-ovest, su strada asfaltata (percorribile anche in auto), verso la cima del Kolovrat, ovvero passo Solarie/Solarje, dove la strada si collega con quella che proviene da Kambreško. Non è questo, che si sviluppa lungo il pendio ovest del monte Hlevnik, il percorso preciso seguito da Rommel con le sue truppe, ma viene consigliato semplicemente per comodità. Per la precisione Rommel, attraversata la prima linea italiana a S. Daniele, iniziò a salire lungo il costone nord-orientale del monte Hlevnik per un sentiero che conduce dal fondovalle dell’Isonzo al villaggio di Foni, dove si imbattè nella seconda linea difensiva italiana che era schierata nella direzione Hlevnik – Ježa. Verso le ore 12 del 24 ottobre conquistò la cima del Hlevnik (876 m.) e senza combattere fece prigionieri la maggior parte dei soldati italiani che vi si trovavano. Da lì si diresse verso la cima del Kolovrat (quota 1114) dove c‘era, ben fortificata, la terza linea difensiva italiana. |
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Oltre che direttamente da Volče, Passo Solarie/
Solarje è raggiungibile in auto anche da Kobarid/
Caporetto, imboccando la statale verso |
IN AUTO | |||
Nova Gorica. Giunti al paese di Idrsko, svoltare a destra in direzione Livek (5 km) e poi a sinistra verso Livške Ravne (3 km) e di qui procedere fino a Passo Zagradan (4 km) e a Passo Solarie (un altrochilometro circa). Dall’Italia: per chi, invece, dall’Italia vuole raggiungere in auto direttamente passo Solarie/ Solarje, imboccare a Cividale del Friuli la statale 54 in direzione Caporetto. Giunti a Ponte S. Quirino/Muost (4 km), svoltare a destra sulla strada provinciale in direzione Savogna/Sauodnja. Dopo 700 metri, svoltare a destra sulla strada provinciale in direzione S. Leonardo/Podutana e Drenchia/Dreka. Si va sempre dritti (attraversando Scrutto/Škrutove e Clodig/Hlodič. Subito dopo il borgo di Lombai/Lombaj (22 km), al bivio si svolta a sinistra. Dopo la frazione di Prapotnizza/ Praponca (3 km) si gira a destra verso passo Solarie/Solarje. |
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VARIANTE A CAVALLO O IN BICI | ||||
Da Volče si imbocca la strada principale in
direzione di Nova Gorica. All‘altezza della
trattoria a Ušnik si gira a destra. Si attraversa il
paese di Volčanski Ruti e si prosegue sulla strada
bianca che collega Kambreško con il Kolovrat.
All‘incrocio con questa strada si gira a destra
verso la cima del Kolovrat. PASSO SOLARIE/SOLARJE E IL KOLOVRAT |
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STORIA | Il nome Solarie si suppone derivi dal termine
latino “solarium”. Ciò sarebbe testimonianza del
fatto che probabilmente per Passo Solarie |
torna su | ||
passava la “via romana” che collegava la valle dell‘Isonzo con la la Slavia Friulana. Giunti a passo Solarie (incrocio con gli itinerari n° 1, pag. 19, n° 2, pag. 29, e n° 5, pag. 49), tra i due valichi di confine, quasi di fronte al posto di guardia italiano, si trova il sobrio monumento, sormontato da un’aquila in metallo, in memoria del primo caduto italiano nella prima guerra mondiale. Si tratta di Riccardo Di Giusto, alpino udinese della 16a Compagnia del Battaglione Cividale – 8° Reggimento. Cadde alle due di notte del primo giorno di guerra, il 18 maggio 1915, in uno dei primi scontri a fuoco con le truppe imperial-regie austroungariche, quando i soldati italiani iniziarono la breve avanzata che avrebbe portato il fronte sulla riva destra dell’Isonzo, nella valle sottostante. Le ricerche per l’individuazionedel primo caduto del conflitto e la costruzione del monumento furono finanziate con una raccolta pubblica di fondi promossa dal milanese Carlo Gallardi Rivolta. Guardando di fronte il monumento e alzando lo sguardo, si scorgono le prime ripide pendici della dorsale montana del Kolovrat, posta sulla riva destra dell‘Isonzo, tra Caporetto e Tolmino. Quest‘area montuosa segna il confine naturale tra la Slavia Friulana e l‘alta valle dell‘Isonzo. Il confine di stato tra Italia e Slovenia corre proprio sulla sua sommità tra le cime Na Gradu – Trinški Vrh (monte Piatto) – Nagnoj e Kuk. Da tutta la cresta della montagna si gode un bel panorama sia verso la valle dell‘Isonzo, sovrastata da cime imponenti (in primo piano il Monte Krn, meglio conosciuto dagli italiani come Monte Nero) sia verso la Slavia e la pianura friulana, arrivando, nelle giornate terse, fino al mare Adriatico. |
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STORIA | Nel corso dei secoli il Kolovrat ha rappresentato
l‘area di confine tra la Repubblica di Venezia (e lo
Stato italiano successivamente) e |
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l‘impero austroungarico. Ne sono testimonianza i numerosi cippi di confine, diversi tra di loro, che ancora oggi affiorano sulla sua cima. Questa dorsale montana ha mantenuto un ruolo simile fino al giorno d‘oggi. |
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La cima del Kolovrat ha giocato un ruolo
importante durante la prima guerra mondiale. Nel
maggio 1915, all’inizio del conflitto, sul fronte |
I GUERRA | |||
dell’Isonzo, le unità italiane superarono la cima del Kolovrat ed iniziarono a fortificarlo. L’esercito italiano progressivamente vi costruì l’ampiosistema della sua terza linea difensiva denominata “linea d’armata”. Sulla cima c’erano numerose
postazioni per i cannoni e posti di vedetta da
dove si poteva controllare il fronte dell’Isonzo a
partire dal massicio del Monte Nero, Mrzli vrh
e la testa di ponte di Tolmino fino all’altipiano
della Bainsizza. Da queste postazioni in quota
gli artiglieri italiani potevano sparare sulla prima
linea difensiva dell’esercito austro-ungarico,
sulla via di rifornimento tra Tolmino e la Baška
grapa e su altri obiettivi importanti nelle retrovie austro-ungariche. Tutta la cresta del Kolovrat era attraversata da trincee fortificate, simili a quelle restaurate che si possono ammirare nel sito di Na Gradu. Fino alla 12a offensiva dell‘Isonzo la linea del fronte in questa zona non subì cambiamenti significativi.Nelle prime 11 offensive l‘esercito italiano era per la maggior parte all‘attacco. Le forti perdite dell’esercito austro-ungarico dimostravano che quest’ultimo non avrebbe retto un‘altra offensiva italiana. Per questo il comando austro-ungarico decise di passare al contrattacco e precisamente da Bovec, Caporetto e Tolminoe oltre verso Cividale. Nella preparazione della 12a offensiva dell‘Isonzo venne in soccorso dell‘Austria-Ungheria con le sue unità anche la Germania. Le postazioni sul Kolovrat (quota 1114) rappresentavano per l‘esercito italiano uno dei punti di difesa chiave nella 12a offensiva. All‘ufficiale che le avrebbe conquistate il comando austro-ungarico promise l‘alta onorificenza “Pour le merite”. Fu conferita al tenente Schörner che con la sua unità, nell‘ambito del corpo alpino tedesco, conquistò le postazioni di Na Gradu già la sera del primo giorno dell‘offensiva. Con numerosi contrattacchi l‘esercito italiano tentò di riconquistare le posizioni perdute, ma senza successo. Nella conquista della cima del Kolovrat giocò un ruolo molto importante anche Rommel con la sua unità. Il secondo giorno dell‘offensiva riuscì a penetrare nelle linee difensive italiane sulla cima, circa 800 m ad est della quota 1192 (Nagnoj), e il terzo giorno della 12a battaglia dell‘Isonzo con la sua unità conquistò la cima del Matajur. Il percorso a questo punto può continuare in diversi modi: lungo due strade asfaltate che lambiscono la dorsale del Kolovrat, oppure su un sentiero (Cai n° 746) che inveceprocede sulle cime della catena montuosa. Per chi sceglie le strade asfaltate si può procedere sul lato nord del Kolovrat, dalla parte slovena, oppure su quello meridionale dalla parte italiana attraverso il valico di confine di Solarie/ Solarje. Entrambe le strade conducono ai piedi dell‘altura Na Gradu (nota nella prima guerra mondiale come quota 1114), sede di un importante museo all’aperto. Sulla strada slovena il sito è benevidente, segnalato da un tabellone informativo. Sulla strada italiana, dopo essere saliti da Solarie/ Solarje per alcuni tornanti, avanzando poco meno di un chilometro, si imbocca sulla destra l’ampio ed evidente sentiero che sale per pochi metri fino alla piccola sella tra le cime di Na Gradu e Trinški vrh (detto anche Passo Zagradan) e oltre la quale si trova il sito fortificato di Na Gradu. Per chi invece preferisce il sentiero, sulla strada italiana dopo i primi tornanti si trova sulla destra la segnavia 746 del Cai. Il sentiero prima si inerpica sulla piccola cima di Na Gradu (conosciuta anche come monte Klabuk) per poi scendere sulla sottostante piana dove si trova il sito fortificato restaurato. |
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Nel museo all‘aperto in località “Na Gradu” sono
stati ricostruiti e si possono osservare con accesso
libero e gratuito, punti di comando e |
I GUERRA | |||
di osservazione, postazioni per mitragliatrici e cannoni, tunnel scavati nella roccia a più piani, con una interessante scala a chiocciola che collega una postazione blindata con un tunnel sottostante,e una fitta rete di trincee di collegamento, realizzate da entrambi i lati del confine. La particolarità di questa ricostruzione sta nel fatto che sono stati utilizzati alcuni materiali originali del periodo della prima guerra mondiale (come le reti metalliche per rinforzare le scarpate, gli ondulati di lamiera, le pietre di ardesia). Si potrà anche osservare il parsimonioso uso del cemento, all’origine della scarsa resistenza che questa fortificazione seppe offrire durante la battaglia di Caporetto. Essa cadde, infatti, già nella serata del primo giorno dell’offensiva, sopraffatta dai lanci di artiglieria pesante e di gas da parte del nemico. La parte slovena del museo all‘aperto sul Kolovrat è stata realizzata dall‘Ente “Fundacija Poti miru v Posočju” (Fondazione “Sentieri di Pace nella valle dell‘Isonzo”) di Kobarid/Caporetto come spiega la tabella informativa posta accanto alla strada sul versante sloveno. Proprio qui, nella prima guerra mondiale, passava un’importante via di rifornimento che collegava le retrovie con le postazioni italiane sulla testa di ponte di Tolmino ovvero la prima e la seconda linea. |
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STORIA | Sul piccolo pianoro di passo Zagradan, proprio
vicino al sito di Na Gradu, una garitta di cui oggi
sono rimasti solo i ruderi ricorda il |
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periodo della “cortina di ferro” e della “guerra fredda”. Trattasi di una casermetta utilizzata dall’esercito federale jugoslavo per pattugliare quel tratto di confine, particolarmente facile da valicare. Dapprima vi risiedeva un contingente fisso di militari, poi, col distendersi progressivo delle relazioni italojugoslave, il presidio veniva chiuso nei mesi invernali. Durante la seconda guerra mondiale sul
Kolovrat ci sono stati sanguinosi combattimenti tra i partigiani e l‘esercito tedesco e italiano. Ne sono memoria le lapidi collocate sulla cima del monte Kuk e a Livške Ravne. |
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Il sentiero Cai n° 746 che corre sulla cima del
Kolovrat è molto interessante per gli escursionisti
(seppure un po’ più faticoso, ma non |
I GUERRA | |||
proibitivo anche per chi non è allenato). Permette di comprendere lo sviluppo delle linee difensive italiane e, portando con sé il celebre diario di Rommel “Fanteria all’assalto”, è quasi possibile camminare sui suoi passi facendosi accompagnare dalle parole del giovane tenente (divenuto poi nella seconda guerra mondiale la celebre “Volpedel deserto”) nel rivivere una pagina importante
della “battaglia di Caporetto”. In particolare, guardando il versante sloveno a nord, si nota la difficoltà, dalla cresta, di osservare in alcuni punti il ripido terreno immediatamente sottostante, davanti alla terza linea difensiva. Un elemento, questo, sfruttato da Rommel per la sua silenziosa infiltrazione. Due i punti chiave per comprendere il successo del giovane tenente tedesco sulle linee difensive italiane, temutissime dai nemici. 800 metri a est del monte Nagnoj, in una piccola sella, gli uomini di Rommel riuscirono a infiltrarsi dentro la linea di trincea italiana, sorprendendo i militari mentre dormivano, convinti di essere ancora lontani dal centro dei combattimenti. Questa manovra permise a Rommel di avanzare, sfruttando la trincea stessa, fino al Nagnoj, e poi oltre utilizzando la strada camionabile sul versante italiano. I festoni con cui questa era stata mascherata per impedire la vista dei movimenti di truppe agli austro-ungarici, protessero anche i soldati tedeschi che poterono avanzare aggirando le difese italiane sul Nagnoj e sul monte Kuk. Su quest’ultima cima, le trincee erano state realizzate ingenuamente – annota lo stesso Rommel - guardando solo verso la valle dell’Isonzo, e non permettevano di controllare adeguatamente la strada camionabile alle spalle. Quando gli italiani si accorsero dell’infiltrazione di Rommel, tentarono in fretta e furia di realizzare dei trinceramenti sul versante est del monte Kuk, ma a causa del terreno roccioso non ci riuscirono e restarono sotto il tiro dei mitraglieri del Württemberg. La stessa roccia amplificò l’effetto dei tiri di artiglieria austro-ungarici in appoggio all’azione di Rommel, scaricando una pioggia di sassi e detriti sui fanti italiani. Se si fossero trincerate sul versante opposto (ovest) del monte Kuk, protette dal profilo della montagna, le truppe italiane – ammette lo stesso Rommel – sarebbero riuscite probabilmente a fermare in modo irrimediabile la sua avanzata. Tornando invece alle strade asfaltate che girano attorno alle cime Na Gradu e Trinški vrh, entrambe si ricongiungono sul versante sloveno, proseguendo poi fino all‘abitato di Livške Ravne e piu’ avanti fino Livek. |
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Per chi procede in auto è da segnalare che la
strada sul versante italiano, al momento della
pubblicazione di questa guida, è chiusa in |
IN AUTO | |||
fondo da una sbarra, quindi per transitare in auto bisogna tornare indietro fino al valico di Solarie/Solarje e di qui imboccare la strada parallela sul versante sloveno. È probabile che con l’entrata della Slovenia nel trattato di Schengen (dicembre 2007) l’interruzione potrà essere rimossa. Ma è meglio accertarsene prima chiedendo al rifugio Solarie. |
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STORIA | La strada asfaltata procede quindi verso Livek. Non è questa la via seguita da Rommel, che da Livoeke Ravne tagliò nel bosco per |
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raggiungere
Polava, in territorio italiano lungo la strada che
unisce Livek a Cepletischis/Čeplešišče (comune di Savogna/Sauodnja, in Italia). Lì con un manipolo di uomini bloccò quella fondamentale via di ritirata per le truppe italiane, sequestrando una massa enorme di armi e di mezzi e facendo diverse migliaia di prigionieri. |
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Narra la tradizione popolare che nella zona di
Livek anticamente ci fosse un lago, Livško jezero.
Questa ipotesi è confortata anche |
STORIA | |||
dall‘etimologia del nome: Livek, lijak (imbuto, lavandino) ovvero luogo dove scorre l‘acqua. Livek e le borgate vicine fino al 1814 facevano parte della Repubblica di Venezia. Ne è testimonianza anche un cippo di confine presso l’abitato di Golobi sul quale sono incisi lo stemma della Repubblica di Venezia e degli Asburgo. Livek passò sotto la dominazione austriaca appena nel XIX secolo. Qui si può visitare anche la chiesa di San Giacomo che è una delle più antiche del territorio che faceva parte del Patriarcato di Aquileia. Risale al XVI secolo. Accanto alla chiesa c‘è un tiglio imponente che ha oltre 400 anni. Nella borgata di Golobi (al numero civico 5) si può visitare un museo privato della prima guerra mondiale in cui sono presentati gli avvenimenti legati alla terza linea difensiva italiana. Da oltre dieci anni il proprietario, Peter Hrast, raccoglie soprattutto sul Kolovrat resti e reperti della prima guerra mondiale. Nel suo museo ha oltre mille pezzi da esposizione. Il percorso prosegue lungo la vecchia strada di Livek che parte dal paese. Le indicazioni poste di fronte alla scuola ci indirizzano verso destra. Seguendo i segnavia attraverso il bosco si raggiunge la chiesetta dei SS. Pietro e Paolo. A giudicare dall‘iscrizione sulla pietra del campanile sarebbe stata costruita già nel XVI secolo (anno 1540). Il monte Matajur La strada prosegue da Livek attraverso la borgata di Perati fino ad Avsa (860 m.). Gli escursionisti hanno a questo punto due possibilità per l‘ascensione al Matajur. La prima possibilità: appena prima dell‘abitato di Avsa si gira a destra lungo una stretta strada carraia che si trasforma rapidamente in sentiero. Il percorso attraversa un bosco e diversi prati. Seguendo le indicazioni, dopo circa un‘ora di cammino, si raggiunge la Idrska planina sotto il Mrzli vrh (1359 m.) La seconda possibilità: si segue la strada che attraversa Avsa e dopo circa 500 metri l‘indicazione indirizza a destra. Dopo circa un‘ora di cammino attraverso i prati ed il bosco, seguendo i segnavia, si raggiunge la strada bianca sotto il Mrzli Vrh. Dal Mrzli Vrh si prosegue lungo la strada bianca fino alla vasca/fontana di Tršca. Da qui parte un sentiero che si biforca, entrambe le varianti portano in cima al Matajur. Quello di destra è un po‘ più ripido e passa sul versante sloveno, quello di sinistra corre sulla cresta ed è per la maggior parte in territorio italiano. VARIANTE ROMMEL PER SALIRE SUL MATAJUR (A PIEDI, IN BICI, O A CAVALLO) |
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I GUERRA | Ancora una volta va segnalato che, per comodità
e continuità dell’itinerario, nessuna delle due
opzioni ora illustrate è esattamente la |
torna su | ||
strada seguita da Rommel nella sua conquista del Matajur. Egli infatti, evitando il più possibile strade e sentieri, salì da Polava alla borgata di Jevšček (siamo di nuovo in territorio sloveno. Vi si può accedere in auto da Livek). Qui, per evitare una forte postazione fortificata italiana che sovrastava il paese (ed è tutt’ora visibile), la attaccò alle spalle nella notte tra il 24 e il 25 ottobre. Un tratto di
questa linea difensiva italiana è stato restaurato ed è visitabile. Da Avsa si prosegue diritti fino al termine dell’asfalto e ancora per circa 200 m. su sterrato. Un tabellone segnala una trincea restaurata a monte e a valle della strada, visitabile anche dall’interno. A monte il tratto ripristinato è breve, a valle conduce fino a Jevšček (calcolare circa un’ora tranquilla per percorrerlo in andata e ritorno). Dopo aver superato questo ostacolo, Rommel si spostò nell’attuale territorio italiano sotto il monte Kraguonca e poi verso il Mrzli Vrh e il Matajur. Lo stesso Rommel annota più volte nel suo diario “Fanteria all’assalto” la durezza e la fatica di questa ascesa al Matajur. Una strada alternativa, più vicina all’itinerario di Rommel, è consigliabile solo per chi da Livek può muoversi in auto. Si procede verso l’Italia (direzione Cepletischis/Čeplešišče) attraverso i piccoli borghi di Šturmi e di Polava. Avvicinandosi a quest’ultimo, si può immaginare la sorpresa dei soldati italiani in ritirata da Livek nel vedersi spuntare all’improvviso, da dietro una curva, gli alpini e i mitraglieri del Württemberg, su una strada di retrovia che avrebbe dovuto essere sicura. Da Cepletischis/Čeplešišče si imbocca la strada asfaltata verso la vetta del Matajur, lasciando la macchina nel borgo di Masseris/Mašera. Da qui prendere il sentiero Cai 736 che, con buona approssimazione, ben presto si ricongiunge con il sentiero di Rommel dopo Jevšček. C’è anche una variante (segnavia Cai 736A) più corta ma che si allontana più a ovest del percorso Rommel. VARIANTE IN BICI O A CAVALLO PER SALIRE SUL MATAJUR Si attraversa il paese di Avsa e dopo circa 1 km si interrompe la strada asfaltata. Si prosegue lungo una strada bianca, relativamente pianeggiante, una strada militare italiana che passa accanto a Planina Sleme e sotto il Mrzli vrh si biforca. Quella sul lato destro conduce alla Idrska planina, quella sul lato sinistro volge verso il basso per un primo breve tratto, poi ricomincia a salire. La strada finisce presso Tršča. Da qui fino alla cima del Matajur si prosegue a piedi. Si consiglia la strada italiana (a sinistra). Fino alla cima si impiegano 20 minuti.. VARIANTE IN AUTO, IN BICI O A CAVALLO PER SALIRE SUL MATAJUR Da Livek si va verso il valico di confine passando attraverso l‘abitato di Šturmi. Si prosegue attraversando i paesi di Polava e Cepletischis/ Čeplešišče. Qui all‘incrocio si gira a destra verso i paesi di Masseris/Mašera e Montemaggiore/Matajur (955 m), poi si sale fino al rifugio Pelizzo (1320 m). Da lì a piedi si raggiunge la cima del Matajur. |
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Dalla Slovenia: nei pressi di Kobarid/
Caporetto, lungo la statale in direzione Nova
Gorica, giunti al paese di Idrsko, svoltare destra |
IN AUTO | |||
in direzione Livek (5 km) e di qui entrare in Italia.
A Cepletischis/Čeplešišče (3,5 km) svoltare a destra verso Montemaggiore/Matajur (6 km) e poi procedere sempre dritto fino al rifugio Pelizzo. Di qui un facile sentiero conduce a piedi sulla cima del Matajur. Dall’Italia: per chi, invece, dall’Italia vuole raggiungere in auto direttamente la cima del Matajur, imboccare a Cividale del Friuli la statale 54 in direzione Caporetto. Giunti a Ponte S. Quirino/Muost (4 km), svoltare a destra sulla strada provinciale fino a avogna/Sauodnja (8 km) e poi procedere fino a Cepletischis/Čeplešišče (6 km), Montemaggiore/Matajur (6 km) e poi procedere sempre dritto fino al rifugio Pelizzo. Di qui un facile sentiero conduce a piedi sulla cima del Matajur. |
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La denominazione Matajur risale al tempo dei
Romani. è una riduzione di “Mont major” e in
italiano si chiama così ancor oggi |
ARTE | |||
Montemaggiore, il borgo abitato più alto della montagna (che in sloveno conserva la denominazione Matajur). Il Matajur (1641) è il primo monte di una certa altitudine procedendo dal mare e dalla pianura friulana verso nord-est. Come simbolo della Slavia friulana ha un posto particolare nel cuore degli sloveni della Benecia. La parte meridionale,soleggiata, ha un rilievo mosso e molto più dolce
di quella settentrionale che scende in modo molto
ripido verso le valli dell‘Isonzo e del Natisone.
Sui suoi fianchi meridionali sono disseminati i
paesi della Slavia. Dalla sua cima, quando il cielo è terso, lo sguardo si spinge oltre la Slavia fino al
mare a sud e fino alle Dolomiti a nord-ovest. Sul
versante sloveno c‘è una vista straordinaria sulle
Alpi Giulie e la valle dell‘Isonzo.
Sulla cima del Matajur passa il confine di stato.
Dal 1° maggio 2004 anche la Slovenia è membro
dell‘Unione Europea. E proprio accanto al cippo
di confine sul Matajur e poi al rifugio Pelizzo quel
giorno si è svolta una grande manifestazione.
Sulla cima c‘è la suggestiva cappella di Cristo
Redentore. |
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I STORIA | Durante la seconda guerra mondiale sul Matajur
ci sono state diverse battaglie sanguinose tra i
partigiani e l‘esercito tedesco. La più |
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cruenta fu quella del 9 novembre 1943 quando un battaglione di SS attaccò la Bazoviška Brigada in prossimità del paese di Montemaggiore. Quel giorno morirono 32 partigiani. Sul Matajur ed alle sue pendici c‘erano anche le stazioni delle staffette partigiane, bunker, sedi di organizzazioni e comitati nonché l‘ospedale di Skalca. |
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